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domenica 8 settembre 2013

Antigone

E' ora di rimettere mano al vocabolario di greco...Passiamo quindi dalla tragedia di un giorno come tanti dei nostri tempi (o meglio, “di un giorno perfetto”) ad una tragedia che è una pietra miliare della letteratura, l'Antigone, di Sofocle.
Facciamo prima una brevissima introduzione a favore di chi non conosce la trilogia di Edipo, per inquadrare la storia di oggi...Una volta scoperto di aver giaciuto con sua madre Giocasta, Edipo si acceca e lascia Tebe. I suoi figli, Eteocle e Polinice, si affrontano sul campo di battaglia per decidere a chi spetterà regnare ma, nella contesa, si danno la morte reciprocamente.
Il potere viene assunto da Creonte, fratello di Giocasta, che stabilisce che Eteocle, in quanto difensore della patria, dovrà essere seppellito con tutti gli onori, mentre il cadavere di Polinice, che aspirava ad un trono che non gli spettava, dovrà essere lasciato insepolto.
E, a questo punto, entra in gioco Antigone, sorella di Eteocle e Polinice, che rifiuta di lasciare ai cani il corpo di suo fratello e cerca di persuadere l'altra sorella, Ismene, ad aiutarla a dare sepoltura a Polinice.
Ma Ismene ha troppa paura per contravvenire al volere di Creonte e quindi Antigone resta sola nella sua impresa. Già dal primo atto emerge dunque quella che è la natura della tragedia, ossia un insieme di conflitti: il conflitto tra la legge dello Stato e la legge del Cielo, il conflitto tra le ragioni del privato e dei legami di sangue da una parte e la ragion di Stato dall'altra, il conflitto tra il ruolo che la società assegna alla donna e la ribellione di Antigone.
Cominciamo da quest'ultimo, perché a far adirare ulteriormente Creonte è il fatto che a sfidare il suo decreto sia stata proprio una donna e perciò condanna Antigone ad essere giustiziata fuori delle mura di Tebe , affinché la sua ribellione non contamini la città; Ismene, invece, rappresenta meglio la donna sottomessa:









Antigone: Non ti solleciterei né, se volessi ancora farlo, vorrei che lo facessi insieme a me. Ma sii pure quel tipo di persona che ti sembra giusto essere: io lo seppellirò; è bello morire facendo questo. Amata, con lui giacerò, con l'amato avendo compiuto tutto il mio dovere, poiché molto più tempo bisogna che io piaccia giù sotto che qui sopra. Laggiù infatti giacerò per sempre; se a te sembra giusto, disprezza pure le cose tenute in pregio dagli dei.

Ismene: Io non disprezzo queste cose, sono incapace di andare contro lo Stato


L'indovino Tiresia cerca di far desistere Creonte dal suo proposito omicida, prendendosi anche qualche offesa, ma comunque, con le sue parole che prevedono sventure per chi osa sfidare il volere del Cielo, riesce a turbare Creonte, che vorrebbe ora mutare la sua decisione, ma è troppo tardi: Antigone si è uccisa, suo figlio Emone, che di Antigone è innamorato, prima gli sputa in faccia e cerca di ucciderlo, poi, non riuscendoci, si toglie la vita; Euridice, moglie di Creonte, una volta messa al corrente che Emone è morto, si dà a sua volta la morte. Quando la tragedia è ormai completa, Creonte si rende conto dei suoi errori e recita il mea culpa:














Creonte: Ahimè, errori di propositi enormi, ostinati e portatori di morte, voi che osservate gli uccisori e gli uccisi dello stesso sangue. Oh, le mie decisioni senza fortuna, ahi figlio, giovane e di giovane destino, ahi ahi, sei morto, sei scomparso, per il mio cattivo consiglio, non per il tuo .

Coro: Come tardi hai visto ciò che è giusto.

Creonte: Ahimè, ho imparato purtroppo... Sulla mia testa il dio tutto il suo grande peso ha rovesciato, e mi ha spinto su strade da bestie.

Ma è davvero pentito Creonte oppure il suo pentimento è indotto solo dalla constatazione della rovina che la sua ottusa decisione (alla quale ha messo il vestito dell'interesse pubblico) ha portato sulla sua famiglia ( e, quindi, sul suo interesse privato)?
E, comunque, arriverà il giorno in cui una presunta ragion di Stato non divorerà più degli innocenti, lasciando poi al tempo il compito di ricostruire un'altrettanto presunta normalità?
L'Antigone è stata considerata una delle tragedie simbolo dell'Ottocento Romantico, ma conserva, tutt'oggi, tutta la sua forza.

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